domenica 2 maggio 2010

La speranza

Carissima Ausilia, rispondo con immediatezza a questo tuo scritto. Nei fatti non rispondo, non ho nulla da rispondere, ma solo qualcosa di cui prendere atto insieme a tutte le altre persone che ti (ci) leggono.
Sono una credente, amo definirmi come "eterodossa", e sono fuori dalle realtà ecclesiali perché collocata fuori, non perché abbia io deciso di uscire. Di questo ringrazio il mio dio, poiché mi ha fatto passare dalla "terra di qualcuno" alla "terra di nessuno", facendomi perdere - mio malgrado e con la sofferenza che né consegue - ogni senso di appartenenza. Non appartengo ad alcuno e nessuno mi appartiene. Posso essere finalmente "laica", perché deprivata dalla necessità di dover coordinare la mia fede con il dogma, fuori dalla necessità di avere un assoluto di riferimento, per potermi calare - finalmente - nella contestualità, nella relatività del quotidiano e del nostro percorrerlo in così tanti e svariati modi.
Ma sono credente, e per tanto il tutto non può prescindere dalla fede, la quale si pone di fronte a me come semplice e non richiesto dono! C'è e ci devo fare i conti come con chi non ti chiede mai conto!
La narrazione del se è narrazione della storia, del pensiero che si fa "fatto", di una parola che si fa "carne". Il primo approccio serio che ebbi con il pensiero femminista mi aprì una visione diversa della esistenza, e mi mise di fronte la mia incolmabile mancanza. C'è qualcosa che io non potrò mai avere, ma solo caparbiamente dare. La trasmissione della memoria della vita, quella dei gesti, quella che di madre in figlia si passa, senza che sia scritta o documentata, ma che è iscritta nella memoria, quella non l'avrò; non l'avrò come qualcosa che sia stata passata a me, ma io la passerò, come nuova memoria di quel mondo femminile che ancora deve fare la propria storia, deve fare la propria memoria e condividerla.
Ho tante figlie e qualche figlio, ed a tutt* cerco di passare questa memoria, questa cosa che non si può scrivere, non si può dire! Non perché sia proibito, ma perché l'esperienza del quotidiano, la percezione della storia, il senso del se e l'amore verso il proprio corpo, il senso della cura, non sono cose che possono essere scritte nel "manuale" della vita, ma solo trasmesse nel quotidiano parlare e seguire. Pur non avendo mai partorito sento quella profonda insofferenza e sofferenza per il dolore che oggi devono subire le mie figlie ed i miei figli, nella mia rabbia sorda di una ostinata lotta per aprire prospettive e per ridare speranza. Si, cara amica mia, la speranza a chi si è visto rapinare la speranza dall'idiozia delle "appartenenze peculiari" e dei loro conenuti e di quant'altro si pone in una sudditanza di pensiero in qualsiasi forma essa si esprime.
Combatto, ma non contro "carne e sangue", ma contro principati e potestà, ed è una presunzione che richiama il senso proprio di una vocazione che non si spenge perché donata, perché data.
Non credo che ci sia una possibilità di nuovi pensieri, quanto piuttosto la possibilità di nuove strade e nuovi percorsi, se poi di qualcosa di nuovo si possa parlare. Nuovo per noi? Si, per noi nuovo! La speranza, quindi, perché questo è il nuovo che si pone di fronte a noi oggi, per l'oggi, per quello che siamo!
Vivo di speranza, tant'è che è il mio pane questa speranza, è il lavoro che ogni giorno svolgo, è il nome pieno del progetto che porto avanti da tempo. Un progetto economico, sociale, politico ... ma manca della cultura, perché una cultura della speranza non c'è! Oggi non c'è! Oggi ci si trova di fronte solo ad una cultura della disperazione e del nascondimento! Il bello lo hanno ridotto ad una sciocca icona fantasiosa, colorata con pastelli irreali! Dove è il bello? Dove lo hanno nascosto? Perché ci hanno tolto il bello del quotidiano vivere e di quella piccola quotidiana allegrezza di aver potuto parlare, sorridere, confrontarsi, arrabbiarsi, gustare, vedere, sentire? Perché tutto è così coperto di mille amarezze?
Lotto, è l'unica cosa che so fare! Lotto perché non ho altre possibilità! Lotto perché so che, comunque vada, vinco! Lotto e sono nella lotta, spesso nella consapevolezza di una schiacciante solitudine, spesso nella consapevolezza della totale incomprensione! La laicità ... chimera? Prassi? Obiettivo? Quotidiano soggettivo che si snocciola in ogni scelta che non è pregiudiziale e condizionata da "verità" prefabbricate e preconcette? Laicità di un pensiero che apre e mai chiude, tutto ascolta e tutto valuta; ma poi anche sceglie!
E si, perché il pensiero poi sceglie per potersi formulare, sceglie un campo, sceglie un punto di fuoco e lo persegue, ed in questo prende le distanze dal ragionamento che, forse, può anche costituirlo ma non strutturarlo.
Sai quali sono i pregiudizzi più duri da superare? Sono i propri nei confronti di noi stesse!
E' qualche tempo che mi ritorna in mente quella similitudine "vi abbiamo suonato il flauto, e non avete danzato; vi abbiamo cantato il lamento, e non avete fatto cordoglio!"
Cantiamo, Ausilia, il nostro canto di liberazione, non preoccupiamoci se questo non sarà armonico agli orecchi dei più. E' il nostro canto ed è musica per chi la vuole sentire.
Ti abbraccio

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