lunedì 21 giugno 2010

La sofferenza di d-o?

Cara Ausilia
Ieri avevo pensato di scrivere qualcosa di più vicino al discorso teologico, in relazione all'ampia parte del tuo messaggio, e questo mi capita ogni volta in cui mi trovo di fronte ad un "qualcosa" che mi "provoca" in relazione alla mia fede. Non voglio e non posso discutere, interloquire su quello che è la fede di una persona, per quanto mi sia vicina e per quanto io abbia nei suoi confronti un profondo affetto e stima. La fede è sempre un qualcosa di assolutamente soggettivo, ed in quanto tale può essere espressa, testimoniata e comunicata, ma non trasmessa, non discussa, non posta sullo stesso piano di una teorizzazione o di un pensiero.
La sofferenza di d-o non la conosco, nella stessa identica maniera come non posso pensare di conoscere la tua sofferenza. Posso conoscere la mia di sofferenza, ma il fatto che tu parli di dignità negata non mi autorizza a pensare che io possa conoscere la tua.
Nella mia esperienza posso dire di aver imparato a scindere la sofferenza dalla rabbia che mi genera ogni volta che mi trovo di fronte ad una ingiustizia, ad un soppruso, ad un inganno.
Forse la mia necessità di decodificare, di chiarificare a me stessa quello che provo, mi porta a scindere il mio senso di giustizia (che mi apre all'abisso della mia impotenza) e la sofferenza che si genera in me quando sono spettatrice di una esistenza che si annulla. Forse il mio è un sofismo, o più provabilmente un modo per difendermi. Non so dire! Ciò che più o meno conosco è la mia sofferenza, posso solo per simpatia partecipare alla sofferenza altrui, ma nella sofferenza la dimensione che - forse - è costante per ogni persona, è la solitudine.
L'utopia (consentimi questo termine) del messaggio cristiano è che tale solitudine si possa in un qualche modo rompere, appunto nell'essere vicino a chi è nella solitudine, senza invaderla, senza abusarla.
Non so quale sia la sofferenza di d-o! Spero e, nel contempo, credo che il mio d-o sia veramente capace di essermi vicino, di darmi - appunto - quella unica vera con-solazione che riesce a darmi un po' di pace. Si, pace, ma dove io preferisco sempre dire "giustizia".
Non vogio invadere la tua sofferenza, se ho fatto questo ti chiedo scusa, ma nella mia impotenza ed incapacità, voglio solo esserti vicina.
Un abbraccio
Darianna