domenica 2 maggio 2010

Il punto su questo blog

2maggio 2010

Cara Darianna
Questa volta, mentre continuo la mia conversazione con te, mi rivolgo a coloro che da tempo considero amiche ed amici. E’, questo, un bisogno di tutta me stessa. Non per fare due chiacchiere. Come dice Dewey, sento di avere «qualcosa da dire» (non «da dire qualcosa»), perché ospito in me un laboratorio di idee sentimenti esperienze, che sarebbe un tradimento chiudere alla comunicazione.
Da parecchi anni avevo fatto convergere questo «qualcosa» con la problematica delle donne in disagio nel rapporto con l’istituzione ecclesiastica, su due fronti: quello del coinvolgimento femminile di carattere esistenziale-affettivo nella vita dei preti in crisi, e quello delle ex-suore, deluse nel non poter realizzare all’interno dell’istituzione i loro ideali, meglio: la loro vocazione. VOLEVO PARLARE “DA DONNA A DONNA” (come recita il titolo di un mio libro), tenendo molto presente la PARTE MASCHILE. Ne sentivo la responsabilità, data l’incarnazione delle due tipologie di donna nella mia persona.
Ora le due esperienze-in-una si sono sedimentate e ritengo di dover fare un passo ulteriore.
Dopo dodici anni di dialogo aperto attraverso il sito “Donne-contro-il-silenzio”, per me non ha più senso offrire una spalla su cui piangere, e nemmeno aggiungere (tranne che privatamente) altre testimonianze a quelle raccolte finora: un cliché, quando si ripete sempre uguale a se stesso, non serve né alla maturazione delle persone né al cambiamento dei chiamati in causa.
Una volta disincagliata interiormente da appartenenze peculiari, il mio sguardo si dilata. Pur procedendo sullo stesso binario, voglio fare del mio impegno pregresso un paradigma applicabile ad altre realtà, in primis al modo-di-essere sedimentato attraverso il vissuto. E per farlo in libertà e in profondità, ho bisogno di mettere un po’ da parte i vecchi strumenti, di ri-leggermi e di confrontarmi sulla linea di una laicità a tutto spiano. Fermo restando ciò che mi sta più a cuore, la fede, voglio scavare dentro di essa in maniera laica, e cioè nella nudità del mio essere, a prescindere da qualsiasi ‘topos’ precostituito.
Il ricorso a tale criterio mi fa sentire lontana le mille miglia dalla parte più illuminata dei cattolici che denuncia-attaccando le «malefatte» della chiesa con un anti-clericalismo in perfetto stile clericale (l’espressione non è nuova, ma mi pare di averla pronunziata io per prima); e mi fa avvertire la nocività degli atteggiamenti supini dei più, compresi quelli dei credenti che si proclamano laici e dei non-credenti zelanti, nonché dei divi dell’anti-eroismo: tutti accodati a rendere tributo idolatrico, dentro le pieghe del dissenso, a chi ha o ritiene di avere un carisma, spesso per ruolo. Se è vero che non c’è ombra di spirito laico in chi riveste i panni del personaggio per contare e in chi entra dalla finestra nei suoi luoghi fascinosi nella condizione di fan, altrettanto non ce n’è in chi prende di mira il sacro aggirandosi nei suoi paraggi, con critiche infinite ed infinitamente minuziose.
Al largo! Verso vie nuove. Quando si vedono due lottare, è difficile distinguere chi ha torto e chi ha ragione; la lotta sfocia nella vittoria, non del più buono, bensì del più violento. La stessa mitezza va preservata da glorificazioni, sempre devastanti. Ecco: la laicità è formale; non punta sul personaggio e nemmeno sulle idee sane; è (quanto è difficile definirla!) capacità di andare-oltre sia dei personalismi sia delle idee assolutizzate.
Il colloquiare di questo blog cerca rispondenze nella parte di società che vuole dare sostanza all’«autenticità» (attenzione! è da eliminare il logorio del significato del termine): restando al riparo del dubbio che si interroga mentre interroga senza fine.
Ho stima per il femminismo storico, e perciò lo chiamo a confronto nel particolare settore religioso, in seno al quale esso è più sprovveduto, pur avendone succhiato il primo latte. Considero suo maggiore merito l’aver capito che ci va ORGANICITÀ (alla Gramsci) per coniugare singole questioni tra di loro e con la società nella sua interezza. Su questa scia voglia muovermi, in sponda non isolata da altri contesti. Già ai lettori attenti non è sfuggito il senso della mia metamorfosi strategica nel dare corso a questo blog confidenziale; al contrario, in chi si è fermato alla superficie, hanno destato sorpresa le incertezze esistenziali espresse, quasi che fossero ombre da fugare.
Nella scrittura narrativa la cultura femminista ha espresso il meglio di sé. Il racconto della vita ordinaria può gestire idee, eccome, se fa trasparire l’inespresso, spoglio di fatua spettacolarità e di audience.
Voglio esemplificare con una mia confessione la scelta diaristica e colloquiale di questo blog: uno dei pochissimi risultati raggiunti nel mio pregresso impegno di vita è stato quello di avere portato un piccolo contributo, con il racconto delle mie delusioni istituzionali, nelle decisioni prese dall’OMS per evitare il più possibile l’ospitalizzazione dei minori senza famiglia. Dio sa quanti anatemi mi sono attirata, ma ne valeva la pena. Lo so, ci vogliono appunto le grandi organizzazioni per dare concretezza e validità sociale ai progetti. Ma se non si opera nel sottosuolo di base che regge l’edificio, lo si vedrà crollare alla prima scossa; e certamente si richiede un et-et, non un aut-aut.
Dove andrà a finire la questione circa il binomio « donne e preti», che ormai ha non-belle risonanze nelle mie orecchie? Almeno di una cosa sono certa: non si otterranno risultati fino a che i soggetti non sapranno rompere il cordone ombelicale che li lega ad un’identità immobilizzata sul modello di Legge che vogliono cambiare. E con ciò non plaudo a coloro che imboccano vie tortuose di travestimento.
Col parlare colloquiale di questo blog, in apparenza occasionale e avulso da singole problematiche, miro a provocare chi legge alle durezze del Pensiero non-immediato; ad incoraggiare la messa in moto di energie spirituali scevre dai facili aggreganti spiritualismi di oggi; energie robuste e coraggiose perché tratte dalle radici del proprio essere.
Ma, per favore, non lasciatemi sola. Inseritevi anche voi, fattivamente, nelle conversazioni lanciate da me e da Darianna, interlocutrice principale.
Già, te, Darianna. Trans a cui è vietato di continuare a fare come un tempo il pastore in una chiesa cristiana; di essere accettata per quella che sei e di avere i mezzi per tirare a campare. Mi affascina la tua personalità di credente col dubbio piantato in cuore. Il tuo stile di libertà nel raccontarti non riesce ancora a farti felice perché hai il mondo contro, ma forse sei tu a regalare agli altri la liberazione dalla schiavitù dei pregiudizi.
Ausilia

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Questa è una meravigliosa risorsa utile che si sta fornendo e vi darà gratuitamente assente di carica. Amo vedere i siti web che comprendono il valore di fornire una risorsa di qualità utile per libero. It? S il vecchio che torna in dietro di programma.

Anonimo ha detto...

Molto buon posto.