domenica 28 marzo 2010

Cara Ausilia, scrivo di getto, senza una precedente elaborazione ed organizzazione del mio pensiero. Quanto scrivi mi pone una quantità di elementi di riflessione, tutti da affrontare, tutti da analizzare e da sviscerare, quindi procedo facendo una selezione non ragionata, ma di impressione.
La libertà è tale proprio quando non definisce delle modalità, delle omologazioni, degli steccati che definiscono forzatamente delle appartenenze. Ciascuna persona vive la propria schiavitù o la propria libertà soggettivamente, con l'unico discrimine che è la "consapevolezza" di sé. Infatti non ritengo che l'accettazione di sé sia discriminante nella dimensione della libertà o della schiavitù, ma piuttosto la consapevolezza di esserci come persone libere o come persone schiave.
La consapevolezza potrei tradurla o meglio indicarla come "conoscenza di sé", quella conoscenza che è in costante divenire, che non precinde dagli altri, ma che con gli altri da sé si confronta senza perdersi. Intraprendere la strada stetta della conoscenza di sé non è una introversione, ma piuttosto il porre come primaria la condizione che "io" (inteso come ogni "io"), in quanto soggetto unico ed irripetibile, non sono superabile, omologabile, od interpretabile a prescindere ma stessa. L'esser consapevoli di sé non implica necessariamente l'accettazione di sé! I due piani non devono mai essere confusi o sovrapposti. Conosco me stessa, ed è solo nel momento in cui conosco me stessa - i miei liniti, le mie potenzialità, i miei principi - posso trovarmi di fronte alla accettazione di chi sono o meno.
La libertà di interpretarsi, appunto, quella libertà che non può essere sottoposta a nessun giudizio, a nessuna norma o griglia. Accolta in ogni caso a prescindere dall'essere più o meno condivisa.
Altra questione è quella dell'esserci "qui ed ora", che non il "carpe diem" nel senso dell'esclusività dell'oggi, quanto la consapevolezza che io oggi sono il prodotto comunque di ciò che ho vissuto. Lo sbandamento di una persona come me è il fatto di non avere storia, ed il suo vissuto è un bagaglio che può essere usato, ma che non sempre ha una reale intersezione o inerenza con la propria persona. Ciò nonostante ho vissuto, e questo costituisce la componente fondamentale del mio qui ed ora. Del resto, anche la questione del futuro si pone come un elemento interpretativo che deve essere chiarito. Io spesso affermo di non avere futuro, poiché ritengo che oggi sia il luogo della costruzione, della progettazione, della elaborazione, dell'impegno per qualcosa nel quale si crede. Non ho Regni di dio futuri, ma solo la presente signoria di dio che si esercita oggi nella mia esistenza e che mi configura come sua serva. Non ho aspettative, piuttosto attese che implicano il mio lavorare nel presente. Piena di prospettive, priva di ogni dimensione illusoria del domani! Oggi è il miglior mondo possibile, ed in questo mondo cerco di lottare, lavorare, costruire perchè migliori - se possibile.
Il mio dio non è impotente, ma neanche onnipotente! E' il dio che mi chiama ed al quale rispondo, il dio che ha un progetto e che per portarlo avanti deve fare i conti con i miei limiti, le mie paure, le mie difficoltà che, proprio per questo, è il dio che non va oltre a me, ma che è "con me". Non so, sinceramente, se con questo mio dire lo "definisco"; spero di no, per quanto comunque sono costretta a darmene una immagine ed una interpretazione.
Come sai, sto organizzando il Congresso Italiano Transgender Transessuali, il cui slogan è il sequente: "io non sono il problema ... io sono la soluzione"!
C'è una stretta relazione in tutto ciò che faccio e penso, ed è il progetto di una società più equa, una società dove ci sia l'affermazione - senza se e senza ma - del diritto di ogni persona ad autodeterminarsi.
Forse proprio per questo sempre l'orizzonte, non certo per raggiungerlo, ma per vederlo costantemente spostarsi con il mio avanzare. Io sono finita ed ho il mio limite, proprio per questo posso cogliere il senso dell'infinito, nel quale appunto, come te, posso e sono pienamente libera di inventarmi.
Ti abbraccio
Darianna