martedì 25 maggio 2010

Giornata strana

Oggi è stata una giornata strana sotto tutti gli aspetti. La sua preparazione è stata un crescendo di tensione in prospettiva ad un momento pubblico nel quale avrei dovuto parlare ad un pubblico sconosciuto ed attraverso un telefono. Non sono abituata a parlare in questo modo, ho necessità di avere di fronte persone quando parlo. Ma la situazione era questa, quando si parla ad una radio e lo si fa per telefono, ci si deve impostare, entrare in un modo di comunicazione che - sebbene non mi sia consono - dovevo adottare per poter portare avanti il progetto al quale sto lavorando da troppo tempo.
Ho ascoltato questa radio per due giorni, per capire come si muove, come imposta le cose, qual è il suo "livello" di comunicazione! Il genere preferito è simile alla "rissa" verbale! Non è il mio genere, per quanto sia piuttosto veemente quando parlo ed espongo qualcosa. Dovevo farlo, l'ho fatto adottando linguaggio e modalità di questa radio, ricevendo una risposta inaspettata dagli ascoltatori (in meno di 40 minuti, sono arrivate 450 mail). Oggi pomeriggio in banca, convocati da responsabili di zona per ascoltare le loro metodiche e per dire cosa stiamo costruendo.
Tutto si fonda sull'idea che si deve ripartire dal basso, si deve riprendere il filo delle cose a partire dalle situazioni più piccole. Nel campo economico si sostiene la necessità di partire dalle micro imprese, nel campo culturale di ripartire dalle basi fondamentali della conoscenza della storia e del vissuto.
Due ambiti completamente diversi: il primo culturalmente inqualificabile, ma rappresentantivo delle persone che vivono in una situazione culturalmente marginale; dall'altra parte persone dalle quali ci si aspetta almeno una certa cultura, una impostazione quanto meno più analitica.
Nella prima situazione di assoluta assenza di possibilità argomentative e di una discussione serena, l'ascolto e la volontà di interazione c'è stata; dall'altra ... un muro di gomma!
Nella mattinata ho "incontrato" persone che vivono la loro esistenza nella quotidianità di una lotta costante per andare avanti, per vivere; una costante e disordinata rivendicazione al loro diritto di vivere dignitosamente; nel pomeriggio solo la dimensione astratta ed impersonale di chi tratta la realtà, le esistenze, solo a partire da uno schema preconfezionato e astratto.
Le sensazioni sono tante, difficile per me poterle descrivere pienamente, ma mi è venuto chiaro quale fosse veramente il ruolo dei giudici biblici.
E mi chiedo con quale diritto e sulla base di cosa io mi debba fare portavoce di chi non ha voce, senza - per altro - che costoro me lo abbiano chiesto.
Ho la presunzione di avere parole per chi non le ha! Ho la responsabilità di dirle! Non mi consola il fatto di doverle dire sia che ascoltino che non ascoltino; mi è duro seminare ovunque! Mi chiedo con quale diritto e con quale mandato!
Eppure ... eccoci a parlare a chi non ha orecchie, e sicuramente per chi non ha parole.
Un abbraccione

Le due vite

"Vivere la vita pienamente": lo sento ripetere da più parti. Ma se vado ad apprendere il senso dagli altri, trovo delusioni, e solo delusioni. Non ne trovo soltanto nella realtà simbolica che si esprime nelle produzioni artistiche, dove il mondo singolare dell'artista combacia con quello universale. Preciso: non sbiadisce e non si appiattisce su un'universalità astratta, ma diventa rivelativo del senso profondo della vita, che è uno e inesauribilmente molteplice. Una rosa concreta è destinata ad appassire, una rosa assunta nella realtà simbolica acquista una valenza di infinito senza cessare di essere finita: il finito è compiutezza se attraversato dall'infinitezza del sentire pensare creare umano.
Una rumena, facendo le pulizie, mi professava la sua non-intelligenza. Alle mie proteste non si convinceva: "no, io non sono intelligente, so solo quello che debbo fare". Dite voi se la sua convinzione non è più intelligente della mia pretesa di essere capita da chi di discorsi veri non vogliono sentir parlare.