sabato 5 giugno 2010

Il desiderio e la solitudine

Sogni di comunicazione o insufficienza di me?
Rifiuto l'amarezza che segue a quei sogni e inorridisco di fronte alla soddisfazione di un misero conforto.
E allora butto via sogni e contentini.
*
Ma non mi rassegno al cheto vivere.
Voglio restare non paga, ansiosa, incapace di reggere l'esuberanza che mi pervade.
Col mio desiderio insoddisfatto, continuo a desiderare. E desiderare è più che sognare o appagarmi.
*
Oh sovrabbondanza del mio desiderio!

martedì 1 giugno 2010

Attimi

Attimi. Non sempre li vivo come miei, da alcuni, anzi, "sono vissuta", meglio, inghiottita. Vorrei poter descriverne alcuni, ma questa volta mi limito ad uno soltanto.
Ad un tratto, dopo incubi su incubi in cui non vedevo via di uscita, un immediato senso di serenità. Niente di sensazionale, niente di illuminativo; solo che si snodavano vari intrecci e appariva un unico filo, fatto di occasioni, tutte risolte (anche quelle in pendenza).
Non ho avuto alcuna voglia di chiedermi che cosa desse unitarietà a tutti gli attimi della mia vita, per non mettere in gioco la mia razionalità, le mie deduzioni, i miei sentimenti. Volevo solo accettare quell'attimo, che racchiudeva il segreto della serenità, lontana da sensi di sconfitta e vittoria, dolore e gioia, aspatia e desiderio, slancio e depressione.

domenica 30 maggio 2010

Eppure ...

Ed allora, cara Ausilia, faccio mio il tuo "eppure", proprio perché, nonostante tutto e nonostante ogni tipo di valutazione o di giudizio che può essere espresso, per quanto per strade diverse e con sensi diversi, abbiamo scoperto la "ricchezza" del vuoto nel quale siamo, compreso anche quello stato costante di distacco-partecipato alla quotidianità che ci circonda. Mi viene in mente Pirandello con "uno, nessuno e centomila", o con il suo "Enrico IV".
Eppure ... non siamo né l'uno né l'altro, tanto meno un soggetto in cerca d'autore!
Amo descrivere la mia realtà come quella di chi si trova nella terra di nessuno, in quella terra dove si osservano i confini altrui, e non mi nascondo che questi rappresentano i miei confini, segnano il perimetro della terra nella quale sono e che è solo teoricamente non recintata, solo teoricamente terra di nessuno. Quei confini, per quanto non mi appartengano, ci sono! Non mi appartengono più, ho fatto il salto di uscire da tutto questo, camminare dove ancora non è stato tracciato un sentiero, dove ancora non c'è una chiara figura che consente una esposizione, che ancora ricerca il modo di comunicare. Ma i confini delle parole, i confini dei conceti, i confini dei "saputi" e dei "conosciuti" ci sono e fanno comunque parte della mia realtà di persona.
Sono me stessa, si! Nella ingarbugliata matassa di tutto quello che mi rappresenta, privata di una possibile ed unica verità, anche di me stessa, provo a dire come lo smarrimento sia il vero luogo della propria dimensione, senza la necessità di coerenza o di conseguenzialità.
Eccomi qui, per ciò che sono. Con la voglia di essere amata per ciò che sono, avere qualcuno con cui continuare il cammino della scoperta di sé, ma anche tutto sommato serena.
Ho accettato che nulla dipende da me, se non l'intenzione! Ho accettato che a me spetta solo il cercare, nel limite delle mie capacità, di governare ciò che mi viene posto di fronte, e spesso mi chiedo se abbia un senso questo governare, o se pure questo è un tentare di dare corpo.
Ti abbraccio, virtualmente!
Darianna

Il vuoto insidiato

Cara Darianna, mi ritrovo nella tua strana giornata in cui incontri "persone che vivono la loro esistenza nella quotidianità di una lotta costante per andare avanti, per vivere" e persone che vivono "la dimensione astratta ed impersonale di chi tratta la realtà, le esistenze, solo a partire da uno schema preconfezionato e astratto".
Certamente ci sono altre categorie di persone che incontriamo tutti, e non in "una strana giornata", ma ad ogni pié sospinto. Anch'io esternamente appartengo, mio malgrado, a qualcuna di quelle da te nominate, trovandomi impigliata in una qualche parte da recitare, ora per questo ora per quello.
Ma quale nostalgia di stringermi in abbraccio a qualcuno/a con cui essere me stessa, solo me stessa!
Ed ecco, puntuale, il mio "eppure".
EPPURE mi assale il dubbio che nemmeno mi posso stringere a me stessa, perché mi sfugge sempre qualcosa di me (e nel dirlo credo di essere più sincera di coloro che si ritengono signore del proprio io, libere di scegliere, con possibiltà sempre nuove per reinventarsi; e so che molti reputano tale proprio me....). Mi consola Pascal col paragone tra l'io pensante-amante e la canna sbattuta dal vento. Mi consola essere cosciente delle mie debolezze VERE. Almeno posso accostarmi con sussiego ma senza ambage al mistero del me-stessa, fatto di VUOTO.
Lascio questa parola 'vuoto' alle interpretazioni di chi si prendesse una simile stupida briga. Da parte mia non aggiungo una parola di FEDE: non perché non ce l'abbia (anzi è l'unica a definirmi), ma perchè essa non riempie quel vuoto; semmai lo dilata sempre più.........).
E vivrei felice e contenta nello spazio liberato da ogni invadenza, se non mi tormentasse la decadenza corporea, che lo insidia corrodendo i margini i quali lo delimitano e in un certo qual modo lo proteggono. Accipicchia!