domenica 30 maggio 2010

Il vuoto insidiato

Cara Darianna, mi ritrovo nella tua strana giornata in cui incontri "persone che vivono la loro esistenza nella quotidianità di una lotta costante per andare avanti, per vivere" e persone che vivono "la dimensione astratta ed impersonale di chi tratta la realtà, le esistenze, solo a partire da uno schema preconfezionato e astratto".
Certamente ci sono altre categorie di persone che incontriamo tutti, e non in "una strana giornata", ma ad ogni pié sospinto. Anch'io esternamente appartengo, mio malgrado, a qualcuna di quelle da te nominate, trovandomi impigliata in una qualche parte da recitare, ora per questo ora per quello.
Ma quale nostalgia di stringermi in abbraccio a qualcuno/a con cui essere me stessa, solo me stessa!
Ed ecco, puntuale, il mio "eppure".
EPPURE mi assale il dubbio che nemmeno mi posso stringere a me stessa, perché mi sfugge sempre qualcosa di me (e nel dirlo credo di essere più sincera di coloro che si ritengono signore del proprio io, libere di scegliere, con possibiltà sempre nuove per reinventarsi; e so che molti reputano tale proprio me....). Mi consola Pascal col paragone tra l'io pensante-amante e la canna sbattuta dal vento. Mi consola essere cosciente delle mie debolezze VERE. Almeno posso accostarmi con sussiego ma senza ambage al mistero del me-stessa, fatto di VUOTO.
Lascio questa parola 'vuoto' alle interpretazioni di chi si prendesse una simile stupida briga. Da parte mia non aggiungo una parola di FEDE: non perché non ce l'abbia (anzi è l'unica a definirmi), ma perchè essa non riempie quel vuoto; semmai lo dilata sempre più.........).
E vivrei felice e contenta nello spazio liberato da ogni invadenza, se non mi tormentasse la decadenza corporea, che lo insidia corrodendo i margini i quali lo delimitano e in un certo qual modo lo proteggono. Accipicchia!

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