domenica 19 settembre 2010

Ritrovarmi ...

Scvrivo di getto, non ho altra possibilità di scrivere! Leggo le tue parole, Ausilia, e mi trovo portata a vedere ciò che faccio sempre finta di non vedere.
Come posso io aiutarti in un qualcosa? Non ho idea! Potrei dirti che chi non perde la propria vita non la trova, ma forse questo aiuterebbe? Non so, a me lascia un senso di profondo vuoto. Non riesco a leggere quanto hai scritto nella logica della dragma perduta, del tesoro nascosto, della perla di valore. Non riesco a trovare il nesso in me, e come ben sai non mi azzardo a trovare nessi in te. C'è gioia nel ritrovare qualcosa che si era perso, ma appunto che si ritrova. Ma quando si perde qualcosa o qualcuno e si ha consapevolezza che non lo si può più ritrovare, la gioia dove può essere ricondotta? Solo nella memoria dell'azione che imprime una eredità che si perpetua nel pensiero e nell'esistenza.
Scrivo così, perché leggo quanto hai scritto e tutto mi si riconduce, mi interroga sempre e comunque su me stessa. Io che sono persona che è stata costretta a doversi nuovamete inventare, nuovamente trovare, nuovamente ripensare, non mi sono poi praticamente ritrovata in cominciare "da capo", quanto un tentare malamente di continuare ad esistere sulle briciole che sono rimaste.
Sono arrivata alla convinzione - mai definitiva, ma pur sempre presente e contestuale - che nell'esistenza di una persona non c'è un punto ed a capo, quanto piuttosto un continuo, dove ciò che si trasforma sono quelle sensazioni, pensieri, impressioni che io chiamo "marcatori" della nostra esistenza. Quell'inisieme di cose che da aspetti e luci diverse nella nostra interpretazione dei nostri principi e presupposti.
La mia "vuotezza" dichiarata, che riversa quantità di cose senza un senso logico, come impressioni e sensazioni che si susseguono investendo - senza pietà e rispetto alcuno - altri, non sono che il prodotto di quei marcatori che mi fanno ritenere e mi fanno oggi comprendere come un "re mida" al contrario, poiché tutto ciò che tocco diventa fango e non oro, complice della stessa dimensione di assurdo e di ingordigia che caratterizza la figura di "re mida", così come caratterizza me e la mia storia di persona disutile e non nel senso evangelico del termine.
Ritrovarmi significa toccare con le dita e le mani intere questa mia predisposizione al fallimento, questa mia predisposizione alla sconfitta non voluta e sempre subita. Mi ritrovo, si, ma deprivata di ogni desiderio e di ogni spinta emotiva o affettiva; spenta nel senso del mio stesso vivere; condannata ad un esistere per responsabilità. Mi trascino, più che ritrovarmi, tutt'altro che interessata ad un nuovo inizio, poiché troppi ne ho iniziati, troppi sono finiti così che ogni volta mi è sembrato di vedere un film già visto, film di cui ora non ho più curiosità di vedere se qualche fotogramma mi è sfuggito.
Il film è lo stesso. Agire? Parlare? Impegnarsi? Dedicarsi? A fronte di cosa?
Veramente oggi tutto ciò che mi è di fronte appare come "pula", come "vento".
A nulla è servita la mia esistenza, a nulla serve, a nulla potrebbe servire.
A differenza di te, Ausilia, io non ho lasciato nulla perché nulla ho avuto. L'amara constatazione della mia esistenza è che nulla è servito e nulla serve; che per quanto attorniata da persone pochissime ci sono state, e quelle pochissime le ho trascinate nel baratro del mio nulla.
Anche io, carissima sorella mia, attendo di una infinita attesa solo per la serenità di chi ancora ha coraggio a volermi bene.
Darianna

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