mercoledì 17 febbraio 2010

Quale verità ci farà liberi?

15 Febbraio

Cara amica,
Voglio fare un breve cenno circa il modo di porci, tuo e mio, di fronte all’esistenza. Penso che l’abbattimento di barriere e reticenze possa mettere a nudo il bisogno di verità, gestito da persone «normali» con equivoci di fondo circa il dilemma tra l’apparire e l’essere
Ho nella mente alcune definizioni della verità, ma la vecchia che Aristotele ha dato mi pare tenga banco ancora: verità è la corrispondenza tra pensiero della cosa e la cosa stessa. Questa formula, riferita al nostro io, non è così semplice da applicare: perché l’io è in continuo divenire, e ciò che emerge alla coscienza è superficie spesso vaporosa, è schiuma che emerge dal profondo. E non mi riferisco alla psicologia detta –appunto- del profondo. Voglio giungere alle radici del mio essere, proprio a partire dalla demolizione del concetto di essere come sostanza tradotta in concetto. E’ vero, l’essere è presente ovunque, anche quando lo si nega. Ma appunto la negazione dell’essere si annida ovunque esso si presenti; le nostre capacità conoscitive e le nostre emozioni si aggirano tra la sua presenza e la sua assenza.
Filosofia e teologia da una parte e ogni tipo di fede dall’altra sono costruzioni da interrogare, se si vuole uscire da verità consolatorie. Mettere tra parentesi, come direbbe un fenomenologo, gli schemi mentali a cui siamo abituati, per me non è uno snob né un gioco, né un aggirarmi attorno a ciò che è stato detto finora da ogni parte; è esigenza di verità.
La frase che più mi interroga è: la verità vi farà liberi.
Come mai il predicato della verità è la libertà? E cosa è la libertà?
Cara Darianna, di quanto dici (14 u.s.) mi piace soprattutto l’uso che vogliamo fare di questi dialoghi diaristici: compiere un «atto sublime di egoismo», come «atto sublime di apertura agli altri diversi da noi»
Ausilia

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