lunedì 22 febbraio 2010

Ausilia 20 febbraio


“Essere semplicemente se stessi”

Cara Darianna,
Prendo le tue stesse parole, mentre mi unisco a te nel farmi la domanda : Quale verità? Quale libertà?
Pur avendo raggiunto quello che mi pare un traguardo della mia vita, la sincerità con me stessa, non posso fare a meno di dubitare di ciò a cui si riferisce il “me stessa”. Sono tante le cose che ci hanno messo e ci ho messo dentro anch’io! Il canto di libertà a cui inneggio si colloca a partire dallo svuotamento del pieno che si è costruito.
Ora voglio sapere cosa c’è di mio in me, non tanto per il gusto di cogliere la mia originalità, bensì per la necessità di capire cosa dico quando parliamo di verità e di libertà.
Ecco perché mi piacciono le tue affermazioni, sia quella posta come titolo di questo mio nuovo intervento, sia un’altra: “senza la necessità di “dover essere” qualcosa o qualcuno”.
Le tue espressioni mi indicano una via di uscita dall’empasse; le traduco così: accettare la mia finitezza, la mia presenza nel qui ed ora, rendendola libera da ciò che mi impedirebbe di viverla come un dato di fatto di cui dispongo, parzialmente, è vero (date le condizioni che imprigionano abbastanza le mie potenze legate alla corporeità non-sana), ma con un margine tutto mio. Mio è ciò che ho cumulato nella lunga esperienza di vita, tesa a non lasciarmi soggiogare dalla “necessità”.
Penso molto a come parla di necessità Simone Weil, la quale non ricorre ad un concetto astratto di libertà velleitaria, bensì alla possibilità di recezione di un dono che esorbita dalla pura esistenzialità necessitante. Un dono da accettare come tale, come ad esempio quando mi giunge il “tepore” (il termine è mio) dell’amicizia che mi avvolge di comprensione e mi apre allo scambio con un tu; o quando sono colpita dal’incanto della bellezza proveniente da qualcosa anche minima, quasi impercettibile, ma che penetra dentro il me stessa, illuminandolo…
La Weil parla di grazia. Preferisco fermarmi allo stretto significato del termine dono. il dono richiede solo disponibilità a riceverlo. Farne tesoro significa per me vivere il qui ed ora con una pienezza-altra rispetto a ciò che di fuggevole penetra a mia insaputa, deviandomi dalla percezione pura di ciò di cui ho sete profonda.
Sospendo perché amo tanto ascoltare te al riguardo. Mi interessa molto dar continuità al nostro discorso. Molto.
Ausilia

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